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CBD nella alimentazione: la nuova frontiera del sapore è il cannabidiolo.

Un ingrediente fondamentale dei prodotti a base di cannabis, anche se nell’Unione Europea il suo contenuto non è ancora stato precisamente regolato.

Si tratterebbe di “novel food”: un insieme di sostanze, cibi o ingredienti “nuovi”, mai utilizzati in precedenza per la preparazione di cibi o bevande, e insieme alla cannabis ci sono prodotti che alcuni di noi hanno imparato a gustare o assaggiare già da tempo: semi di chia, baobab, alga spirulina.

Una normativa europea, il Regolamento sui novel food, cerca di stabilire soglie e parametri che questo tipo di alimenti devono rispettare prima di essere immessi sul mercato (e negli alimenti) in misura significativa. La soglia è stabilita dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. 

Il prodotto (dovrebbe valere anche per la cannabis, o più precisamente per il CBD; ma il CBD ad oggi non è stato inserito nella lista) non deve essere tossico, deve comparire regolarmente nell’etichetta e deve essere non svantaggioso dal punto di vista nutrizionale (vale a dire, il suo potere nutritivo deve essere buono). 

CBD drink, CBD gummies bear, CBD cioccolata, CBD caramelle per la gola: ecco solo alcuni dei prodotti che è possibile reperire e che sono a base di cannabis light, tutti contenenti cannabidiolo (CBD) che è un ingrediente non psicoattivo, e che da parecchio è arrivato all’attenzione di importanti studi scientifici per le sue proprietà benefiche, rilassanti, calmanti, sedative, contro l’ansia e la depressione e moltissimi altri disturbi.

In Italia attualmente possiamo trovarlo come olio o in prodotti cosmetici, ma nessuna vera e propria legge comunitaria regola l’utilizzo del CBD in FOOD o alimenti.

Sia a livello dell’Unione Europea che a livello italiano, mentre limiti e soglie sono stabiliti per quanto riguarda il livello di THC, quando si viene a parlare di CBD le cose stanno in modo diverso.

La regolamentazione di CBD in FOOD o alimenti, sebbene il CBD sia un prodotto sicuro e molto ben tollerato, deve essere accuratamente regolata, per un principio, se non altro, di tutela del consumatore: che se vuole acquistare CBD drink o caramelle per la gola al CBD deve avere la sicurezza di acquistare alimenti che non gli procureranno alcun tipo di svantaggio o esperienza spiacevole.

CBD nella alimentazione: la cioccolata

Pensiamo a un alimento delizioso come la cioccolata, eternamente presente sulle tavole dei golosi sotto tutte le forme possibili: se pensiamo al miscuglio CBD – cioccolata, gli appassionati e gli amanti della marijuana light non potranno che farsi venire l’acquolina in bocca!

Gli alimenti contenenti CBD e cioccolata mescolati insieme sono una realtà, ma una realtà che nel nostro Paese, alla prova dei fatti, risulta molto difficile regolamentare. Il CBD per uso alimentare diventa una vera e propria selva oscura preda di una fitta trama di leggi e normative, perché come abbiamo accennato il CBD non fa parte dei “novel food” e dunque in Italia, almeno per il momento, la vendita di alimenti contenenti CBD è illegale. 

Il mercato del cannabidiolo è senza dubbio estremamente interessante, sia perché fiorente, sia per tutti gli studi scientifici che provano l’efficacia quasi farmaceutica dei prodotti contenenti CBD. Molte aziende italiane hanno manifestato grande interesse nell’estrazione di CBD, e nel suo impiego in particolare all’interno di alimenti: è infatti noto che il modo in cui mangiamo è una via maestra per restare sani e in salute, non sorprende dunque che molte di queste realtà siano interessate a una regolamentazione più precisa e puntuale dei prodotti contenenti cannabidiolo in campo alimentare. 

In America, la Food and Drug Administration ha dichiarato che è illegale vendere prodotti alimentari che contengono CBD, dal momento che esso viene estratto dalle infiorescenze, le quali contengono anche il componente psicoattivo della cannabis (il THC) in diverse percentuali. 

L’UE ha decretato che tocca ai singoli Stati membri, in assenza di una normativa comune, emanare leggi e normative più stringenti per la regolamentazione dei livelli di cannabidiolo contenuti negli alimenti. Il limite di CBD in Italia non è dunque ancora stato fissato, ma potrebbe esserlo presto, anche perché la portavoce dell’EFSA, Maria Tejero, ha ricevuto una richiesta di includere il CBD come novel food e integratore alimentare. 

L’Associazione Europea della Canapa Industriale (EIHA) ha proposto di classificare il CBD come ingrediente o integratore alimentare, diviso in tre categorie a seconda della concentrazione del principio attivo: se si tratta di CBD puro o ad alto contenuto di CBD, esso andrebbe venduto in farmacia; la concentrazione media (20 – 200 mg) può andar bene come medicinale o integratore alimentare senza prescrizione. Un contenuto minimo di CBD infine (meno di 20 mg al giorno) potrebbe infine essere inserito negli alimenti senza alcuna restrizione. Ricordiamo che gli studi e le ricerche sul CBD, sebbene incoraggianti e positivi, sono tutti relativamente recenti, ed ecco il perché dell’obbligo e della cautela utilizzati nel “maneggiare” questo componente.

CBD FOOD: la normativa nel 2020

Gli alimenti a base di canapa legale sono pieni di proteine e amminoacidi essenziali. Nessuna meraviglia, dunque, che si desideri inserirlo tra gli additivi alimentari sicuri e utilizzabili tranquillamente, e in maniera legale, nell’industria del FOOD.

Tuttavia non esiste ancora un farmaco registrato a base di CBD puro, e in farmacia l’uso di CBD nelle preparazioni galeniche è ammesso solo previa presentazione di ricetta medica.

La normativa nel 2020 riguardo il CBD resta uguale a prima (ovvero, nessuna normativa): nel marzo del 2020 in Germania era circolata voce di un accordo tra il Governo federale e l’EIHA, per quanto riguarda l’utilizzo del CBD negli alimenti in Germania; ma nulla, nella sostanza, è davvero cambiato. 

Il CBD continua a non essere utilizzabile (legalmente) come additivo alimentare, e la battaglia in questo senso sembra ancora lunga e la vittoria di là da venire.

Tutto ciò che si ricava dalle infiorescenze non può essere utilizzato negli alimenti; in Italia, a differenza che in altri Paesi, il CBD non è ancora stato classificato come novel food e dunque non può essere utilizzato nell’industria alimentare. Solleva dubbi l’estrazione di CBD dalle infiorescenze: nell’olio di CBD puro sono in alcuni casi state rinvenute tracce di THC, dunque di una sostanza stupefacente, illegale nel nostro Paese a determinate concentrazioni.

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